[...]ma ormai la scuola è
banalità, repressione, una culla di
cattivi sentimenti dove s’impara a
soffrire ed essere delusi piuttosto
che gioire. Guardando ai miei professori
ho paura di quello che potrebbe
essere il futuro, non voglio vivere e
arrivare a un’età evoluta, avendo
dentro così tanta amarezza e guardando
ai miei coetanei provo solo dolore
e disgusto, per persone superficiali
dedite a discriminazione, cattiveria,
sesso e null’altro.
Vorrei trovare nella realtà ciò che solo
i libri hanno saputo darmi, la felicità
o per lo meno tranquillità e comprensione.
Perché il genere umano
deve sopravvivere, perché io debbo
vivere, se dopo tutto non c’è un motivo
che mi tenga qua non c’è una logica
alla vita, non c’è bellezza, non
c’è felicità, se non quella di continuare
a leggere per avere degli attimi
di felicità.
Sofia
Risponde Umberto Galimberti:
La felicità non
piove dal cielo come l’azzurro. Va cercata
attraverso due mosse che la sapienza
greca indicava quando diceva: “conosci
te stesso” e “non oltrepassare la giusta
misura”. Il primo messaggio invita a conoscere
la propria virtù, che è poi ciò a
cui siamo portati, le nostra capacità, come
è virtù della terra generare, virtù di
Achille battere l’avversario in velocità,
virtù di Ulisse prendere le giuste decisioni
in circostanze avverse, in una parola il
proprio “demone”, che una volta che lo
si è curato e fatto fiorire, fa sbocciare
l’“eu-daimonia”, che in greco vuol dire
“felicità”. Invece di seguire i modelli che
un mondo che non vi piace vi propone,
perché non innamorarsi di sé e prendersi
cura di quel che propriamente siete
nella vostra specificità unica e inconfondibile?
Conoscendo se stessi, si conoscono anche
i propri limiti che non vanno mai oltrepassati,
per non andare incontro alla
propria rovina. La conquista della felicità
è un lavoro, non un dono del cielo da attendere
passivamente per diritto di nascita.
Prendete esempio da Nietzsche,
che meglio di tutti ha conosciuto il nichilismo
di cui oggi spesso soffre la condizione
giovanile. Rifiutando il nichilismo
passivo che spegne l’anima nella rassegnazione,
un giorno scrisse ne La gaia
scienza: “No. La vita non mi ha disilluso.
Di anno in anno la trovo sempre più ricca,
più desiderabile e più misteriosa - da
quel giorno in cui venne a me il grande
liberatore, quel pensiero che la vita potrebbe
essere un esperimento di chi è
vòlto alla conoscenza - e non un dovere,
non una fatalità, non una fede. La vita
come mezzo di conoscenza. Con questo
principio nel cuore si può non soltanto
valorosamente, ma anche gioiosamente
vivere e gioiosamente ridere”.
Ecco. Rigrazio Dio, o chi per lui, di aver fatto il liceo classico. Spesso penso mi abbia salvato la vita. Umberto rimane sempre nel mio cuore, continuo a pensare sia un genio, ma "nosce te ipsum" l'ho scritto nella parete della mia camera in tempi non sospetti. Perciò questo sabato nihil sub sole novis..solo una riorganizzazione e una connessione tra pensieri sparsi e homeless.
Fatto sta che, prima o poi, questo Umberto voglio incontrarlo, a costo di iscrivermi a filosofia a Venezia.
Ecco, questo weekend aggiungo due desideri alla lunga lista:
Conoscere Umberto Galimberti (in realtà nella lista questo c'è da un pezzo, ma lo riconfermo);
Andare ad un concerto di un giapponese rasta che suona reggae.
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